mercoledì 5 settembre 2012

Stardust Memories - Woody Allen






Stardust Memories - Woody Allen
USA  1980
91 min.


Woody Allen espresse a più riprese rammarico riguardo al fatto che Stardust Memories fosse stato interpretato dal pubblico e dalla critica come un lavoro fortemente autobiografico, “dicendo” che l'arte non è la realtà, ma un interpretazione della realtà, e che quindi Sandy Bates non era l'alter ego di Woody Allen, ma solo un interpretazione, un aspetto cinematograficamente romanzato di lui, né più né meno di un Alvin Singer qualunque. Ma puntando un occhio alla biografia dell'autore contemporanea al film e a quella più prossimamente successiva, la chiave interpretativa autobiografica non può essere del tutto esclusa.
Stardust Memories è un lungo flusso di coscienza, dove si salta, quasi indistintamente, fra la realtà, i ricordi e i pensieri del protagonista, è (come spesso succede nei film di Allen) un tirare una riga e fare il punto della situazione, una sublimazione filmica dei pensieri del regista newyorkese.
L'insofferenza di Allen verso il fanatismo dei fan, il cinismo dell'industria cinematografica, che opera la sottomissione dell'arte alle esigenze degli incassi e della commerciabilità, e la manipolazione intellettuale della critica (che verrà ancora di più irrisa successivamente in Zelig, dai marxisti, ai freudiani, alla critica intellettuale francese che nell'uomo camaleonte “vedeva il simbolo......di ogni cosa”), si sprigiona in Stardust Memories con una graffiante ironia dissacratoria.
Allen in particolare dimostra di non accettare la definizione attribuitagli di autore solamente comico, e prosegue così la sua sperimentazione, iniziata con Interiors, verso un cinema più profondo e maggiormente intriso di interrogativi esistenziali. Come molti personaggi alleniani, Sandy Bates è un uomo alla ricerca del senso della sua vita, che riflette sul senso dell'arte e sul senso del fare cinema, di questa occupazione effimera e impotente di fronte all'immensa sofferenza umana. Ma il suo tentativo di dare una svolta più profonda e umanitariamente utile (soprattutto per placare la sua sete di un Senso del tutto) al suo lavoro si scontra con la logica del “troppa realtà non piace al pubblico” tanto cara all'industria cinematografica. Tutta questa tensione esistenziale, unita alle incertezze e alle sofferenze dovute alle relazioni sentimentali presenti e passate, porterà Sandy Bates all'esaurimento nervoso, che scoppierà durante un'inaspettata visita ad un surreale “happening” di appassionati di ufologia, esplicandosi in una sequenza di scene in flusso di coscienza, certamente fra le più visionarie dell'intera filmografia alleniana.
Ma, alla fine del delirio isterico, Sandy Bates, una parvenza di Senso sembrerebbe averla trovata, ed è quella che si manifesta con un bellissimo primo piano all'ex fidanzata Dorry (forse un riferimento a Diane Keaton?), che rimane uno dei più belli omaggi all'amore della storia del cinema.
All'epoca il film fu oggetto di molte critiche negative, ed ebbe poco successo al botteghino. Fu criticato aspramente per la forte ispirazione (da alcuni considerata vicino al plagio) tratta da 8e1/2 di Federico Fellini, ispirazione comunque mai negata ed anzi spudoratamente affermata, con tanto di occhiolino ammiccante,nel film, confessando di aver “fregato l'idea in blocco”. Ma, anche se la palese ispirazione non pregiudica in alcun modo la validità del film, può essere opportuno ricordare le parole di un grande maestro (o furbastro, secondo le opinioni e i gusti) della citazione cinematografica, Quentin Tarantino, che, in risposta ad accuse di plagio, citò Igor Stravinskij: "I grandi artisti non copiano, rubano”

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