Det sjunde inseglet (Il Settimo Sigillo) - Ingmar Bergman
Svezia 1957
96 min.
Il
Settimo Sigillo è il film che farà conoscere Ingmar Bergman al
grande pubblico, inaugurando una serie cinematografica ricca di
capolavori come Il posto delle fragole e Come in uno specchio, solo
per citarne alcuni, che lo consacreranno definitivamente nell'olimpo
del cinema. Con il Settimo Sigillo Bergman inizia anche a trattare il
tema della fede, e soprattutto del relativo silenzio di dio, che
spesso ricorrerà in molte sue opere successive.
Il
settimo sigillo è famoso da sempre, per il leitmotiv della partita a
scacchi con la morte.Partita a scacchi con la morte che è metafora della vita stessa di ogni individuo, che tenta di dare un senso alla propria persistenza nel mondo tangibile, e di resistere il più possibile, in una disperata difesa, contro il nemico invincibile, cercando in vano un mezzo per aggirarla.
Il cavaliere, il protagonista della vicenda, è fondamentalmente l'alter ego di Ingmar Bergman, di quel Ingmar Bergman che si spoglia progressivamente dei residui dell'etica protestante trasmessagli dal padre, in un distaccarsi da dio, che comunque non riesce a cancellare l'insaziabile sete di un qualcosa che vada oltre, e che dia un senso, all'esistenza umana.
Il cavaliere/Bergman è tormentato dall'esigenza di una giustificazione, di un senso della vita, che non può essere solamente un vuoto senza fine e senza speranza, altrimenti "Nessuno può vivere sapendo di dover morire un giorno come cadendo in un nulla senza speranza". Ma la fede cieca e rassegnata non può bastare al guerriero di mille battaglie, si deve avere la certezza, Dio deve scoprire il suo volto e tendere la mano all'eroe bergmaniano, ma ahimè Egli non lo fa. Dinanzi all'impossibilità di cogliere Dio con i sensi, e non poter più avere la voce rassicurante della fede che sgorga da dentro di noi, non resta che il vuoto, il terrificante ignoto che atterrisce, e il silenzio. Chiede la Morte al cavaliere:
<E il Suo silenzio non ti parla?>
Ma la risposta è che l'uomo guerriero dell'esistenza non può rassegnarsi, prova ad uccidere Dio in se stesso, ma Egli vive ugualmente dentro di lui, è la necessità del Senso, un richiamo inestinguibile che terrorizza l'essere che non riesce a vivere di sola immanenza (al contrario del fido scudiero Jons, ateo e materialista), l'essere che ha paura del nulla che è dopo la materia, e che alla fine può solo "intagliare alla propria paura un immagine, a cui dare poi il nome di Dio".
Solo chi ha fede può credere di colmare il vuoto e sconfiggere la morte. Come spera la gente comune, che invoca il perdono di Dio flagellandosi. Ma la morte prima o poi "danza con tutti", e dopo vi è il nulla, è questa l'orrenda verità che rivelano coloro che hanno una sensibilità, una "vista", superiore. Come il pittore della chiesa del paese, che vuole far vedere a tutti come stanno le cose, aprire gli occhi alla gente, farli pensare, pur consapevole, che il pensiero può solo impaurire, e chi non ha una conoscenza superiore, quando è impaurito può solo optare per il cilicio.
Ma saranno proprio degli artisti, il mistico attore Jof, sua moglie e il suo piccolo figlio, a ridare un po di senso al cavaliere Antonius, che, rinvigorito di nuova speranza, lascerà vincere il suo avversario, sacrificandosi per la salvezza dei suoi amici, con un atto d'amore senza ritorno, che è il sentimento più divino che ci possa essere in tutta l'esistenza umana, l'amore che dona e tramanda la vita, e può così, sconfiggere la morte.

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