mercoledì 27 marzo 2013

Kynodontas - Yorgos Lanthimos



Kynodontas - Yorgos Lanthimos
GRE 2009
94 min.

Ne' "La Dialettica dell'Illuminismo" di Horkheimer e Adorno, i due esponenti della Teoria Critica elaborano una particolare interpretazione del mito di Ulisse nell'episodio del passaggio alle Sirene. Nel racconto omerico, Ulisse si fa legare all'albero maestro per poter sentire l'angelico-demoniaco canto delle Sirene, simbolo della parte irrazionale, voluttuosa e dionisiaca della natura, quindi del piacere, ma allo stesso tempo della auto-distruzione che tale supremo piacere comporta, riuscendo quindi, grazie all'impossibilità fisica di abbandonare la nave, a non soccombervi. In questa interpretazione, Ulisse rappresenta la borghesia, il potere, che pur ben conoscendo il piacere e la distruttiva(per l'ordine sociale) irrazionalità, decide di rinunciarvi per salvaguardare il proprio dominio; mentre contemporaneamente, ai rematori(il proletariato) viene impedito di conoscere la grande Verità, tappandogli le orecchie per far in modo che non si distraggano e restino nella propria ignoranza e sottomissione.
Per salvaguardare la subordinazione della parte maggioritaria della società a quella minoritaria, il potere da sempre utilizza una sottile opera di mistificazione, di stravolgimento dei significati e di indottrinamento, indirizzata a far nascere nel popolo sentimenti di paura verso nemici inesistenti e verso tutto ciò che esula dal rassicurante giardinetto dei giochi che gli viene offerto, portando gli individui ad acconsentire alla loro ingiustificata prigionia.
Il popolo ben "educato" viene così ricompensato in modo paternalistico con libertà e diritti,o adesivi ;) , esclusivamente di facciata, senza un reale contenuto, o con una libertà sessuale che deve essere intesa però semplicemente come soddisfazione delle pulsioni istintive, ma mai come liberazione, e anzi troppo spesso come merce. Tutti questi sono i "privilegi" della "civiltà" che ci vengono donati, ma sempre a patto che si rimanga nei limiti di ciò che non intacca il vero Potere.
Questa descrizione può essere valida per la società in cui viviamo? Forse.
Kynodontas, film premiato al festival del cinema di Cannes nel 2009, fiore all'occhiello dell'ispiratissimo nuovo cinema greco - sicuramente il "movimento" cinematografico più interessante dei nostri anni - ci può dare qualche spunto di riflessione su una società fortemente in crisi come quella occidentale del nuovo millennio, da un punto di vista(purtroppo per i greci) molto ravvicinato

La leggenda di Kaspar Hauser - Davide Manuli



La leggenda di Kaspar Hauser - Davide Manuli
ITA 2012
95 min.

 ...nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali....(Franco Battiato)

Tra gli studi sociologici e etnologici che in questi ultimi anni si sono adoperati a cercare di codificare lo strano mondo che ruota intorno alla musica elettronica - in particolare nelle sue manifestazioni più estreme, come rave, tekno-nomadismo, e utilizzo di sostanze psicotrope – spiccano le analisi dell'etnologo francese George Lapassade, che meglio di tutti ha individuato, nell'esperienza della danza al ritmo della musica tekno - con le sue ripetizioni ipnotiche, i suoi rituali e le sue connotazioni psichedelico-spirituali – ciò che più si avvicina, nel odierno mondo occidentale, ai riti arcaici basati sugli stati alterati di coscienza, e sulla trance mistica, che tuttora oggi vengono perpetuati in molte regioni del mondo.
Al di là delle peculiarità delle singole religioni, tutti i riti che si indirizzano al raggiungimento della trance, si basano sulla trascendenza del Sé individuale, verso uno stato di coscienza superiore, più saggio e illuminato, ma allo stesso tempo ebbro e fortemente intriso di una natura panistica e orgiastica. Utilizzando una simbologia occidentale, lo stato alterato di coscienza proprio della trance, appare indubbiamente come il regno indiscusso di Dioniso, elemento primigeno della natura, dio dell'estasi e della liberazione dei sensi.
Dioniso, oltre che mezzo uomo e mezzo animale, viene descritto anche come l'Eterno Bambino, rappresentazione classica del Puer Aeternus, classificato da Jung e da Hillman come l'archetipo psicologico della fanciullezza, del rinnovamento, dell'ebrezza e del caos, con tutto il suo corollario di attributi e potenzialità sia positive che negative; nonché immagine giovanile dell'archetipo mitologico di quel “buon selvaggio” che noi “moderni” tanto nostalgicamente rimpiangiamo.
La storia di cronaca, poi mitizzata dal romanticismo e da alcuni gruppi esoterici, del Fanciullo d'Europa Kaspar Hauser, fece molto parlare di sé nell' 800', producendo una lunga serie di opere artistiche a lui ispirate.
Il Kaspar Hauser di Manuli, interpretato dall'androgina Silvia Calderoni, è perfetto archetipo, ridotto all'essenziale, di una parte della cultura giovanile moderna, che tenta, anche attraverso la cultura musicale e un certo tipo di nuova spiritualità (talvolta anche spinta chimicamente) , di distaccarsi da una società che la opprime – opprimendo quindi anche la sua stessa Anima – con l'intenzione di ritornare, almeno durante il week-end, ad essere nuovamente se stessa, ad essere “solo” Vibrazione.
Al di là dei tentativi di speculazione ermeneutica, non si può dissentire sul fatto che Manuli in ogni suo film apra un nuovo orizzonte nel panorama del cinema italiano, un orizzonte che molti potranno non apprezzare (de gustibus..), ma che dimostra ancora una volta che altri mondi e altri modi di pensare l'opera cinematografica esistono, un mondo libero, anarchico e senza le catene della convenzionalità e della vendibilità (o prostituzione) dell'opera d'arte.
Manuli sfonda una parete dimensionale, che molti altri, in Italia e all'estero, non avranno mai il coraggio o la capacità di oltrepassare.
Purtroppo il Kaspar Hauser di Manuli condividerà la stessa sorte del suo protagonista, essere condannato all'oblio generale dalla cecità e dall'arroganza del potere che lo circondano. Ma nonostante questo mondo totalitario, anche “La leggenda di Kaspar Hauser” un posto nel ricordo di qualcuno se lo è meritatamente conquistato

Beket - Davide Manuli







Beket - Davide Manuli
ITA 2008
80 min.


Tutto vecchio. Nient'altro mai. Sempre tentato, sempre fallito. Non importa. Tentare di nuovo, fallire di nuovo. Fallire meglio. (Samuel Beket)

Beket è il terzo capitolo della trilogia "Cinema della Solitudine" del giovane regista milanese(giovane secondo gli standard della società italiana) Davide Manuli, che negli anni ha dimostrato di essere l'elemento più originale e visionario del cinema italiano contemporaneo.
Beket è una moderna rivisitazione di Aspettando Godot di Samuel Becket, ambientato negli splendidi paesaggi incontaminati della Sardegna e dell'Umbria(notevoli le ambientazioni delle dune di Piscinas e della miniera abbandonata di Montevecchio), dove il paesaggio desertico, selvaggio, che evoca talvolta sensazioni western, fa da scatola di amplificazione all'alienazione e alla solitudine esistenziale dei due protagonisti Freak e Jajà,i moderni Vladimiro e Estragone. Essi,stanchi di attendere inermi (come da copione nella celeberrima opera teatrale) decidono di partire a piedi attraverso le lande desolate alla ricerca di Godot, guidati dalle sonorità techno-trance da Lui diffuse da "dietro la montagna".
Lo spiazzante confronto fra musica techno, per definizione industriale e "metropolitana", con gli scenari di "frontiera" del film, contribuisce a creare un atmosfera strana, surreale, una sorta di Altra dimensione, fuori dal tempo e fuori dalla vita, in cui i due protagonisti vagano alla ricerca del senso, alla ricerca delle risposte che la vita da cui fuggono non ha mai potuto, o voluto, dargli.
In questo strano mondo, Freak e Jajà incontrano una bizzarra processione di personaggi ai confini della vita - fra cui spiccano le interpretazioni di un fenomenale Fabrizio Gifuni, nelle vesti di uno strambo e “manuliano” Caronte, e dell'ex Skiantos Roberto 'Freak' Antoni, nel doppio ruolo di mariachi e Oracolo - personaggi normalmente nascosti, tipicamente "borderline"(motivo conduttore dei film di Manuli), anche loro immersi in una esistenza surreale, in uno strano gioco non-sense, irrimediabilmente incatenato nell'Eterno Ritorno, di cui non siamo tenuti, noi poveri umani, ad aver comprensione. Ovvero una perfetta metafora della vita.
Una titolo originale,surrealista, quasi unico e imprescindibile nel panorama del cinema italiano di oggi.

Girotondo Giro Intorno al Mondo - Davide Manuli


Girotondo giro intorno al mondo - Davide Manuli
ITA 1998
77 min.

L'opera prima di Davide Manuli, realizzata in sordina alla fine degli anni novanta, con limitatissimi mezzi, e con una produzione “fatta in casa”, ma non per questo difettante di lirica espressività, fa già intravedere benissimo i caratteri distintivi della poetica cinematografica “odierna” del regista milanese, caratterizzata da situazioni oniriche, bianco e nero espressivo, techno-trance, e personaggi tipicamente, o spiritualmente, borderline o drop-out.
Gli ambienti, e i personaggi di Manuli stanno sempre alla periferia dell'esistenza umana; mentre in Beket ci troviamo di fronte ad un viaggio nella frontiera della vita, in Girotondo Giro Intorno al Mondo siamo sulla frontiera della civiltà post-industriale, ai margini della metropoli, tra vite fagocitate e sputate dalla società contemporanea occidentale. Tossici, clochard, trans, puttane e distinti puttanieri, zingari, travellers e techno-folli; tutte vittime innocenti della civiltà umana moderna, che espelle verso i suoi sudici margini tutto ciò che non gli serve più, sia oggetti che vite umane.
In questo mondo dimenticato da Dio si snoda la storia della rinascita del protagonista, Angelo, che dalla morte per overdose del suo migliore amico, decide di farla finita con la droga e di crearsi una possibilità di salvezza insieme ad una giovane prostituta conosciuta in strada....