mercoledì 23 gennaio 2013

Quaderno dell'Inquietudine (appendice n.1)

Esistono delle parti insondabili in ognuno di noi, sostanze che possiamo percepire dentro noi stessi,ma che non siamo in grado di capire, e per gli altri non risultano meno incomprensibili del concetto del nulla assoluto.
Ci sono dolori che non hanno volto, che non possono essere sconfitti, nemmeno conoscendoli, nemmeno tentando di eliminare la causa del problema.
Dentro di noi possiamo aver conosciuto ogni tipo di abisso, ogni tipo di dolore, eppure, di fronte ai dolori degli altri, non possiamo far di meglio di uno zoppo tentativo di empatizzare il dolore, nient'altro che tentare di codificare, dare un volto “Nostro” alle problematiche sconosciute dell'altro.
Riusciamo solo a "donare" una patetica offerta di solidarietà, che al beneficiario delle nostre attenzioni,non risulta più utile, o meno fastidioso, di quanto non sia per noi insoddisfacente constatare che nemmeno anni di esperienza nel "mestiere" della sofferenza, ci possano rendere minimamente capaci di aiutare qualcun altro (come se fossimo mai riusciti ad aiutare noi stessi!).
Di fronte ad una persona afflitta da sofferenza incurabile, non possiamo far altro che vederla appasssire davanti ai nostri occhi, lentamente ed inesorabilmente scivolare nel suo abisso, estinguendo con sè anche una parte di noi.


Bombe Carta


Spasmi di un settembre nebuloso
mentre dimentico sogni
essicando cadaveri, alieni
di una più pregiata essenza

Non sento più le mie urla
e tutto tace, assopimento della scintilla,
che anima la resistenza al vuoto,
qualcuno un meriggio mi disse
E' il silenzio che dona la vita al tuono!”

Ci siamo persi per sempre,
quando i nostri occhi si sono scontrati,
per la ventitreesima volta,
abbiamo rinunciato a squarciarci l'essenza,
coi nostri organi intinti di cianuro,
e le nostre menti affogate nell'ombra,
abbiamo chiuso gli occhi al divenire,
principiando a strangolarci,
dolcemente, di fantasmi in-concepiti

L'essere umano teme di Vivere,
si stringe da solo il cappio,
ancorandosi al peccato della ragionevolezza,
Dio, Satana, la Madre, la Morte e il Peccato
tutti figli della Misura

Un urlo muto mi lacera
cercando di dare un senso al vuoto che avvolge,
costruisco un ponte sul nulla
fatto con lacrime d'inchiostro

Click!

Antro dei rifiuti
tutti nella mia testa
vomito! vomito! vomito!
tutto ciò che è in me
tutto ciò che è di me,
vorrei piangere
e che le mie lacrime diventassero un mare oscuro
e che noi danzassimo nel mare
affogare nascosti sotto il corpo materno dell'infinito
inseguendo il suono di una musica triste
ma non troppo triste, non troppo triste,
fagocito emozioni ipnagogiche
di una liquidità malata
di una leggerezza che è in realtà vuoto
è l'assurdità dell'Effimero
che non riesci ad afferrare con le tue goffe mani
ma è l'unico motivo che hai per vivere,
attraverso le lacrime che ti coprono gli occhi
hai la visione perfettamente distorta che ti serviva
ora puoi premere il grilletto