giovedì 16 agosto 2012

Esercizio di ammirazione: Emil Cioran


Rasinari 08/04/1911 – Parigi 20/06/1995

Per tentare di inquadrare il personaggio Emil Cioran, si deve necessariamente partire dalla patogenesi dell'inclinazione alla riflessione e alla scrittura di uno dei più grandi pensatori del 900'.
Nel momento in cui, un promettente studente rumeno di filosofia di 22 anni, con una grande passione per la storia e un'innata sensibilità per la “questione umana”, si ammala inspiegabilmente e irrimediabilmente di insonnia.
L'insonnia, infernale ultimatum della mente a sé medesima, infinita attesa del nulla, dove il tempo si dilata, e ogni secondo pesa come un eternità, questo supplizio contro natura, avvolto nel silenzio e nell'oscuro, veglia forzata che costringe al pensare ossessivo e meticoloso, lucido, di ogni avvenimento o frammento della propria e altrui esistenza, che a lungo andare deterge ogni cosa della sua necessaria inconsapevolezza e leggerezza, che la rendono sopportabile.
La lucidità, questo dono indesiderato della notte “vissuta” attimo dopo attimo, questa condanna alla disillusione, accompagna l'opera di Cioran assumendosi l'ambiguo titolo di spada di Damocle e unico e ultimo accenno di titanismo (consapevolmente azzoppato sin dalla nascita), dell'uomo moderno dinanzi all'inevitabile disfatta delle sue illusioni e del suo essere. La piena consapevolezza e certezza dell'illusorietà e della fallimentare ontologia delle nostre speranze ed esistenze, potrebbe traghettare quest'essere lucidamente tarato verso l'ascesi e l'apatia dal desiderio che da millenni ci viene insegnata dall'Oriente, ma chi veramente vede e conosce a fondo l'uomo occidentale, e Cioran risulta essere decisamente fra questi, sa bene che non possiamo prescindere dal desiderare, noi troppo inquieti e ammalati di speranza, per cui non sussiste negazione abbastanza forte da farci raggiungere la Vera e non illusoria salvezza, a meno che non decidessimo di porre fine definitivamente alle nostre tribolazioni.
Emerge così il ruolo fondamentale e necessario della scrittura come atto di suicidio differito, giacché i contenut,i una volta oggettivati, perdono d'attualità nella coscienza, e sublimati su carta, possiamo riuscire a distaccarcene salvandoci quindi dalla deflagrazione del nostro Essere. La scrittura diventa quindi terapeutica, in quanto mezzo per alleggerire la pressione nella mente esercitata da questa tensione senza volto e senza oggetto che soffoca l'Essere angosciato dalla vista della sua finitudine e dall'assenza degli assoluti necessari alla vita dell'unica specie religiosa che abbia mai abitato questo mondo.
Ma la scrittura, oltre che esercizio per sé stessi, può, qualora si pubblichino le proprie “cartelle mediche”, avere effetto anche su chi legge, sia come esorcismo empatico fra lettore e scrittore, sia come mezzo per svegliare e fustigare chi legge, per frugare nelle ferite dell'intelletto(anzi, per provocarle!), per stimolare il pensiero, unica via per la lucidità e la vertigine. Pensiero che è innanzitutto un pensare sé stessi e contro sé stessi, ponendosi di fronte all'immensa possibilità e complessità dell' Io e del mondo, rifiutando ogni categoria, ogni sistema cristallizzante e determinante, con l'intento di smascherare e scuotere le fondamenta di ogni definizione, verità assoluta, motivazione e giustificazione. Emerge così la necessità del pensare criticamente, del disinganno, della presa di coscienza dell'inevitabile destino tragico di ogni azione e di ogni intento(forse l'atmosfera dell'esistenzialismo francese, visto anche il suo “esilio metafisico” a Parigi, si fa sentire); d'altronde la storia stessa, divenire in cui nulla diviene, nient'altro che frantumazione del Tempo, e le vicissitudini umane in essa comprese, dovrebbero bastarci da insegnamento.
Da quando l'uomo è caduto dal Tempo, entrando nella Storia, abbandonando l'incoscienza e l'eterno presente, ha sperimentato nient'altro che una sequenza di disastri, barbarie e decadenze, e noi occidentali che abbiamo ormai perso da tempo la sfrontatezza e la giovinezza della barbarie, sotto i colpi della nostra metafisica decadente, dei nostri civili principi(*) e delle nostre buone maniere, siamo destinati a farci schiacciare dai nuovi e virili barbari stranieri che sono alle porte(non serve sottolineare quanto fosse profetico,se pensiamo alla storia europea recente).
Ma l'ennesima constatazione, del nostro avvenire “assurdamente” infausto e dell'inconsistenza delle nostre fedi e convinzioni, non deve comunque gettarci nel terrore da disorientamento.
Perché per individui lucidi, abituati alla tragedia e alla decadenza che passano costantemente davanti ai loro occhi, è proprio l'ebrezza da visione dell'inesorabile, vertigine da caduta nell'Abisso, che seduce e sostiene, perché, nonostante tutto, ultima riserva d'Assoluto a disposizione dell'Homo Cogitans contemporaneo. Dinanzi alla piccolezza e alla futilità della nostra esistenza e delle nostre convinzioni sull'esistenza, non possiamo che sentirci leggeri, piacevolmente svuotati, storditi di disillusione, finalmente “vedenti” e persi nella voluttuosa vertigine della catastrofe dell'intelletto, agitandoci per nonnulla grandiosi, astrazioni, e analisi corrosive, come un bambino perduto in un parco giochi. E soprattutto tragicomicamente ironici, perché quando intravediamo lo spettacolo di una specie che conosce perfettamente l'infausto esito del proprio destino, ma che comunque non può fare a meno di agitarsi, creare, produrre, sperare, perché programmato per fare nient'altro che questo, come un quadro surrealista in cui un cane si morde la coda dalla notte dei tempi, non possiamo far altro che sorridere.
“Non c'è nulla che giustifichi il fatto di vivere. Dopo essersi spinti al limite di se stessi si possono ancora invocare argomenti, cause, effetti, considerazioni morali,ecc? Certamente no. Per vivere non restano allora che ragioni destituite di fondamento. Al culmine della disperazione, solo la passione dell'assurdo può rischiarare di una luce demoniaca il caos. Quando tutti gli ideali correnti – di ordine morale, estetico, religioso, sociale, ecc – non sanno più imprimere alla vita una direzione né trovarvi una finalità, come salvarla ancora dal nulla? Vi si può riuscire solo aggrappandosi all'assurdo, all'inutilità assoluta, a qualcosa, cioè, che non ha alcuna consistenza, ma la cui finzione può creare un'illusione di vita.” (E.Cioran “Al Culmine Della Disperazione")




(*)pur non disprezzandoli. In passato etichettato da alcuni come un reazionario e un antisemita a causa delle sue simpatie giovanili per il fascismo rumeno, successivamente stigmatizzate con sincera vergogna dallo stesso Cioran, che ammetteva di non riuscire a comprendere come avesse potuto farsi in tal modo condizionare dall'atmosfera rumena degli anni 30' (a smentire le ipotesi di antisemitismo è importante ricordare l'elogio al popolo ebreo contenuto in La tentazione di esistere); Cioran in realtà, non è mai stato simpatizzante del socialismo(in un periodo decisamente engagement per gli intellettuali in Francia) perché, meglio di altri, vedeva nelle teorie rivoluzionarie la prosecuzione delle illusioni tipiche della fiducia nell'uomo e nella Storia, utopie filosoficamente lontane dal suo modo di vedere. cit.“Lei è reazionario? Sì, nella misura in cui lo è Dio”


Parziale Bibliografia
  • B.Scapolo Postfazione a E.Cioran, P.Alechinsky “Vacillamenti”
  • G.Cerronetti “Cioran lo squartatore misericordioso” Nota introduttiva a E.Cioran “Squartamento”
  • E.Cioran “La tentazione d'esistere”
  • E.Cioran “Al culmine della disperazione”
  • E.Cioran “La caduta nel Tempo”
  • E.Cioran “L'inconveniente di essere nati”
  • E.Cioran “Sillogismi dell'amarezza”

Quaderno dell'Inquietudine

Mi ci è voluto molto per comprendere le cause di questa mia irrefrenabile pulsione nel cercare di “aprire gli occhi” alle altre persone, di renderli consapevoli, di voler svegliare il loro senso critico ecc....poi la verità mi è balzata come di colpo, l'origine risiede nella mia voglia (neanche troppo inconscia) di distruggere il mondo e tutta l'umanità; provate voi a cercare la consapevolezza del funzionamento del vostro apparato respiratorio, provate a pensare a respirare, in poco tempo il vostro respiro diventerà affannoso, vi prenderà l'ansia. Qualunque gesto spontaneo, incoscio, automatico, vi diventerà difficoltoso se doveste attimo dopo attimo pensarlo,se doveste renderlo consapevole.
Poi mi rendo conto che è solo un altra delle mie illusioni, l'Asma, oltre che incurabile non è infettiva, non è trasmissibile....


Nei sentimenti basta una parola per fare la differenza fra inferno e paradiso.


Che senso ha parlare di plagio quando Jung dimostra che nell'inconscio di ogni individuo sono cristallizzati archetipi arcaici e collettivi?


Non ho mai conosciuto nessuno di minimamente interessante che non passi almeno al metà del tempo in lotta contro se stesso.


Delle sere quando avrei bisogno della forza di stare sveglio fatico a tenere gli occhi aperti, altre volte quando vorrei dormire non riesco proprio ad assopirmi...... è il desiderio ( o avere sempre il desiderio sbagliato?) la causa di ogni male.


Gran parte delle persone teme la solitudine e il silenzio perché non ha la forza di sopportare l'eco della moltitudine che gli urla dalle viscere.


Ed eccomi di nuovo solo, schiacciato dalla vita, senza te, che non mi aiutavi a sorreggerne il peso, ma mi cancellavi la forza di gravità.


Non è una caso che nell'estasi della sessualità il nostro respiro si faccia affannoso, come se sentissimo dentro di noi l'assenza di ossigeno; il Sospiro, tanto lontano dal respirare dei viventi, sintomo di quella vertigine, di quello stato anaerobico celestiale, che nel grembo materno ci dona quell'inarrivabile leggerezza antecedente alla condanna della nascita.


Se volete conoscere bene una persona chiedetegli quali sono i libri che ama. Apprezziamo più di tutti un libro o un autore quando si legge qualcosa che se avessimo avuto il talento o la voglia avremmo potuto scrivere noi stessi, perché parla di noi....




Il vero artista illuminato è necessariamente o un visionario, o un emarginato, o un incompreso, o un solitario; fa parte del suo essere, è una caratteristica intrinseca.
Non riesco (e da quello che leggo credo non vi riuscisse neanche Nietzsche) ad immaginare qualcuno che sia arrivato al “Vero” in una vita di successo sociale e adulazione come un D'Annunzio qualunque. La spaventosa bellezza della pura essenza non delizia né gli occhi né le orecchie ma lacera il petto....affermazione sacrosanta, ma devo smetterla di giustificarmi con certe illusioni.



Molte filosofie sono scuole di vita che hanno per maestri persone che non sanno vivere.


Nuova teoria sulla pazzia: l'uomo non è nato per vedere la “realtà delle cose”, qualora questo succede si è dei geni oppure dei pazzi.


Quando due persone si amano si assiste ad un annullamento dell'uno nell'altro, all'unione di due incompleti poli opposti, si abbandona la dualità per assistere alla nascita di un essere a sè stante, superiore, indipendente, che ha vita propria, e che irradia il mondo rendendolo paradisiaco agli occhi delle sue metà generatrici.


Ammiro i vecchietti del bar che pur col peso della loro esperienza riescono a stare insieme e divertirsi fra di loro. Io che neanche ad un terzo della loro età fatico a trattenere la nausea di fronte al genere umano.


Mi sono reso conto che la mia posizione preferita per dormire è quella fetale, e leggo ovunque che questa posizione viene assunta dalle persone nei momenti di inquietudine, fragilità, insicurezza. Penso invece che non lo facciamo per ricordare la sicurezza del grembo materno, ma per desiderarlo inconsciamente. Dopotutto cosa c'è di meglio di oziare beatamente nel posto più bello del mondo cullandosi in una paradisiaca non-coscienza.


Aver letto libri, saggi e teoremi non ci rende filosofi, le letture sono solo le fondamenta su cui costruiamo i nostri enormi e spaventevoli castelli.


Quando al risveglio il tuo primo pensiero è lo stesso che non ti faceva chiudere occhio la sera precedente capisci che i veri incubi non stanno nel sonno.


Sopra la testata del mio letto c'è una mensola malmessa, mal fissata al muro, con sopra grosse cianfrusaglie prese qua e là in giro per il mondo, di notte basterebbe un terremoto di media entità o un cedimento delle viti per farla crollare e spappolarmi la testa. Ma se da un lato questa cosa mi intimorisce, c'è una strana accidia che mi evita la premura di sistemarla o toglierla, e questa accidia mi inquieta non poco......Ma mi fa apprezzare ogni risveglio come una conquista o come un regalo del fato.




X mi attacava dicendo che la mia passione per la psicologia non era altro che una sadica voglia di scoprire le debolezze altrui, per poter in questo modo alleggerire il peso delle mie inestinguibili insicurezze, e che sbagliavo a divertirmi delle mie presunte analisi.
Io mi difendevo dicendo che, pur non avendo alcun sadico movente oltre alla semplice passione per una delle tante discipline che si occupano della coscienza umana, anche senza volerlo con l'esperienza avevo notato che la più profonda e insanabile tara che unisce tutti gli esseri umani è proprio l'insicurezza. Questa percezione scomoda della nostra fragilità e della nostra traballante figura che ci tormenta, e tutti tentano svariate tecniche (osservando le persone si potrebbero riempire parecchi manuali) per mascherare a se stessi e agli altri questo fastidioso sentimento, costruendosi un “armatura” per difendere il proprio debole Essere dagli attacchi esterni.
X:<E allora, visto che anche tu sei umano, e quindi implicitamente ammetti che anche tu qualche “tecnica”, qualche “scudo” lo usi, quale giustificazione avresti? Cosa hai tu di meglio degli altri che ti darebbe questo fantomatico diritto di “sbugiardarli” ?>
Che io sono consapevole e reo confesso, delle mie armature.....




L'Estasi è una condizione che è oltre il piacere, il piacere ne è conseguenza e possibile causa, ma non è l'Estasi. Confondere l'Estasi con il piacere è come confondere la vertigine con il volare.


La triste speranza di esplodere, scomparire, senza lasciare più traccia della propria esistenza, che non ha motivo ragionevole per essere ricordata, e contemporaneamente scrivere per coltivare un illusoria speranza di lasciare un segno nella storia dei lamenti....
Schizofrenica incoerenza della disperazione.


Lo stile di un artista consiste in nient'altro che vezzi, fissazioni, e stati d'animo che persistono e si ripetono nel tempo.


La gente beve o usa droghe, religioni, tecniche di meditazione ecc per dimenticare la proprie angosce e i propri problemi, io ho provato di tutto ma non sono mai riuscito a dimenticarmi.


Come se non bastassero le delusioni e l'insoddisfazione di un lavoro malpagato e per niente stimolante, ci tocca anche “vivere”.




Pessimisti sono quegli uomini che sono stati ripetutamente delusi dalla vita e dal mondo, chi non ha mai provato questa sensazione si dimostra privo del coraggio di sfidare Dio e privo del senso dell'assoluto.


Analizzare, scannerizzare, scomporre ogni proprio sentimento, illusione, convinzione, e particella, fino alla decomposizione “cosciente” della propria materia, con l'illusione di ritornare allo stato minerale e di ricongiungersi al nulla cosmico.
Maledizione di un saprofita pseudo-suicida masochista.




Se la natura non avesse potuto fare a meno di evitarci la tortura di avere una coscienza, avrebbe potuto almeno risparmiarci il fastidio del “senno di poi”.


La Felicità è come la droga, ti annebbia i sensi, ti fa star bene, ti convince che tutto sia bello e perfetto, poi quando finisce ti lascia vuoto, stordito, e spesso non riesci neanche a ricordare bene quelle sensazioni perché il tuo cervello addormentato dal piacere non è recettivo, creativo, e quindi rimane povero.
Il dolore e l'insofferenza, invece costringono a riflettere,elaborare, costruire, a muoverti, a fare qualsiasi cosa che possa cambiare la situazione in cui ti trovi, spinto da una strana forza, un irrefrenabile prurito provocato da milioni di tarme che ti rodono il petto, che ti costringono a lottare per trovare una via di fuga, per risolvere i problemi e raggiungere i propri desideri, come da sempre fanno gli uomini per cambiare se stessi e il mondo in cui vivono. Per questo è la sofferenza, la più grande ricchezza e il motore inesauribile dell'umanità e della storia.


Se la Felicità fosse permanente non avrebbe quelle caratteristiche celestiali che la contraddistingono, l'eccezionale per definizione non può essere routine, ontologia, norma. Non si può essere e definirsi santi se non si è mai incontrato un peccatore ecc . Chi si dichiara sempre felice confonde la felicità con la serenità, l'estasi con il piacere, la catarsi con la voluttà.... Chi si dichiara perennemente felice non ha mai provato la Felicità.


L'unico motivo per cui non l'ho ancora fatta finita è che sono un bambino dispettoso, godo nel trasmettere un po' del mio disgusto alle persone che incontro.




L'inconcludenza della filosofia è superata solo dall'inettitudine di chi la apprezza e di chi la scrive.




L'uomo non è fatto per essere felice, anche quando raggiunge ciò che desidera, si inventerà sempre nuovi desideri inderogabili e irraggiungibili, getterà al vento le proprie agognate conquiste e si incamminerà verso l'angoscia del Vorrei.

C'è qualcosa di artistico nell'ingranaggio dell'orologio. Ti lamenti che la lucidità ti costringe a vedere l'orrore, la disgustosa realtà delle cose, ma quando tu hai la visione del Tutto, hai la visione del meccanismo che regola l'universo, tu sei come un dio che non ha bisogno di adorazione, ma che dall'alto della sua dimensione può compiacersi nel vedere questa meravigliosa opera che si è fatta da sé, e da sola nella sua perfezione si preserva e si perpetua.


Il Divino, l'energia primordiale, il Bello, è in ogni cosa e in ogni essere umano, e la bruttezza, e il meschino, derivano dal fatto che non tutti ne sono consapevoli, e quindi non possono esserne manifestazione ed espressione. Per avere consapevolezza del proprio Essere si deve aver sofferto, e perché si soffre? Perché talvolta quell'energia è in eccedenza rispetto alla capacità standard di un corpo mortale, e quell'immensa energia si sente ingabbiata in un corpo e lotta per uscire, scuotendolo dall'interno.